Point Break

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Sono passati ormai quattro giorni da quando sono partito, e penso di essere arrivato al point-break, il momento in cui inizio a sentire come quotidiano il contesto che mi circonda, a sentirmi parte di esso. Non so se e’ successo cosi’ presto perche’ mi piace piu’ guardare al nuovo che mi aspetta o semplicemente perche’ sono bravo a dimenticare con facilita’ il passato, ma sta di fatto che stamattina, appena svegliato, sorridevo, come mi capita quando mi sveglio sul mio letto a casa.

Sorridevo perche’ sapevo gia’ che avrei aperto gli occhi alle 6.30 della mattina invece che alle 8, bello scomodo e con la schiena dolorante, sorridevo perche’ pensavo che ormai mi viene da dire prima grazie in spagnolo che in italiano, che inizio a ricordarmi dei posti dove passa il combi che ci scarrozza in giro per le vie di Ayaucucho, riesco a formulare le prime frasi in quasi-spagnolo da emigrato, distinguo i tratti delle persone che mi circondano, apprezzo le differenze dei loro vestiti, non trovo piu’ come strane le case, i non-tetti e il traffico. Ho persino imparato ad attraversare le strade. Suoni, colori, soprattutto odori, stanno diventando familiari, quotidiani. C’e’ un pezzo del film “L’appartamento spagnolo” che descrive proprio di questo momento e quando l’ho visto ho pensato: chissa’ quant’e’ bello quando tutto questo accade. E ora sta accadendo. Ed e’ bello, davvero.

Inizio anche a fare qualche pensiero su questo paese. La cosa che continua a colpirmi, a volte come un pugno nello stomaco, e’ l’incredibile numero di contraddizioni che trovi in ogni angolo dove lo sguardo riesce a cadere. Ed e’ difficile persino decidere le piu’ salienti da raccontare: le pubblicita’ rivolte alle persone di qui hanno tutti soggetti occidentali, dai negozi di moda ai parrucchieri. Una corsa in autobus costa 50 centesimi, una telefonata 20 centesimi, trovi un pasto a 4 soles, mezzora di internet 50 centesimi, ma una bottiglia d’acqua da mezzo litro costa 3 soles. Ci sono tantissimi negozi di cellulari, ma i prezzi sono paragonabili ai nostri. C’e’ una puzza di smog misto a polvere che e’ insopportabile in ogni momento dalla giornata, eppure basta alzare gli occhi e trovi le Ande e dei paesaggi che ti lasciano senza fiato a vederli ora che e’ inverno, figuriamoci a viverli in primavera. I campesinos con i loro vestiti, tutti rigorosamente con almeno un maglione di lana mentre io sono a maniche corte, che passeggiano fianco a fianco di altre persone vestite con abiti tipici dei noi occidentali. E poi i negozi e i carretti, le divise delle commesse e l’odore delle persone in giro, ma queste sono solo alcune, tante altre le scopriro’ strada facendo.

Ma quello che piu’ mi ha colpito sono il grande numero di bambini che ci sono in giro, se ne vedono vicino ad ogni porta, vicino ad ogni carretto lungo le strade. Probabilmente, non avendo niente da fare dentro casa, stanno di fuori. Quelli che ho visto nei quartieri piu’ periferici non fanno nulla di particolare, se non starsene li, senza giocattoli, attratti da ogni cosa che interrompe la monotonia: un combi che passa, un cane che abbaia e quando vedono il mio pizzetto ridono e lo squadrano come se fosse una cosa dell’altro mondo. Facile capirlo, da quando sono qui non ho visto neanche un peruviano con un po’ di barba. Comunque, e’ rarissimo vedere degli adulti vicino a loro. Stanno li, cosi’, liberi di vivere la strada come vogliono, dove possono.

Beh si, la poverta’ c’e’ e si vede, dentro e ancora di piu’ fuori dalla citta’, soprattutto quando i tuoi occhi sono ogni giorno abituati ad uno stile di vita occidentale: i succhi di frutta vengono venduti in dei semplici sacchetti di plastica con una cannuccia, che se non li stringi e li lasci cadere perdi tutto quello che c’e’. In ogni angolo ci sono dei carretti che vendono frutta, in questo periodo una specie di arance, delle piccole banane e fette di ananas sotto zucchero, suppongo. Poi trovi quelli che su dei fornelli improvvisati cucinano pezzi di pollo e di altra carne. Sarei tentato di provare qualcosa, pero’ pensando a quanto smog, polvere e sporco sono esposti, mi fa desistere, magari non sono ancora cosi’ parte di questo posto. Non esistono grandi attivita’, ma ci sono solo piccolissime “botteghe”, ognuna specializzata nella vendita di qualcosa o nella riparazione di qualcos’altro. ma l’arte del fai-da-te regna in ogni dove, con persone che riparano combi per strada, bambini che lavano macchine vicino ad officine che tagliano tondoni di ferro per costruire chissa’ cosa. E poi vedi camminare persone con addosso dei grandi sacchi di verdura, mamme che si fanno aiutare dai figli di 4-5 anni a spingere i loro carretti in giro per le strade. I muri dipinti usati come cartelli per fare propaganda politica, per fare educazione alla popolazione sui pericoli dell’alcolismo, sull’importanza della cultura, oppure dedicati ad inni alla religione.

Beh, vorrei dire molto altro, ma penso che poi certe cose te le puoi solo portare nel cuore e condividerle e’ gia’ difficile con chi sta vivendo quest’avventura con me.